20/03/12

Disegno e Pittura


L'insegnante e pittrice Elisa Zadi in collaborazione con l'Associazione Vie Nuove di Firenze organizza dei corsi di disegno e pittura che inizieranno giovedì 26 aprile prossimo. Il corso è rivolto a tutti coloro che desiderano imparare o perfezionare il disegno e successivamente la pittura. 
Attraverso il metodo di apprendimento Edwards il corso insegnerà come si osservano le cose che ci circondano e come la realtà tridimensionale possa essere tradotta su una superficie bidimensionale. " Ho imparato che le cose che non ho disegnato non le ho mai viste veramente, e che quando mi metto a disegnare una cosa qualsiasi essa mi si rivela straordinaria, un puro miracolo."F. Frank.


I primi disegni saranno eseguiti per favorire la Funzione D, la parte più cognitiva del nostro cervello, spesso repressa dalla parte razionale che blocca in maniera troppo critica qualsiasi slancio manuale-creativo; sarete stupiti di come è semplice ed istintivo disegnare, creare, comunicare attraverso le immagini. Basti pensare ai segni-disegni preistorici ritrovati nelle grotte di Lascaux, alla loro forte valenza espressiva-simbolica che rivelano quanto il "fare creativo" sia necessario e insito nell'essere umano.
"So bene da me che solamente in lievi attimi mi è concesso dimenticare me stesso nel mio lavoro... Sento che non sono io nel tempo, ma che è il tempo in me. Posso anche sapere che codesto arcano dell'arte non mi è dato risolverlo in maniera assoluta, tuttavia mi vien quasi fatto di credere che sto per mettere le mani sulla divinità." C.Carrà. 
Nel corso saranno anche affrontate tematatiche quali il superamento del sistema simbolico, come si misurano gli spazi, le proporzioni a vista e poi la logica delle luci e le ombre.


Nella seconda parte delle lezioni è prevista l'introduzione e lo studio del colore, non trascurando come si acquistano e conservano i materiali pittorici. Fra le varie esercitazioni sull'armonia cromatica, saranno anche scoperti e affrontati i colori oggettivi e soggettivi. " Se è vero che il timbro di voce è indicativo della vita interiore di un individuo, molto si può intuire dal modo di pensare di una persona, della sua sensibilità e dei suoi comportamenti dalle combinazioni cromatiche predilette." J.Itten.
Sarà un viaggio che attraverso l'apprendimento teorico-pratico ci guiderà nello scoprire e  nel meravigliarci delle capacità che ognuno di noi possiede!

Per maggiori informazioni, programma dettagliato o iscrizioni  www.zadielisa.it sez. Atelier o 3394827291

PER TUTTO MARZO LA DONNA NELL'ARTE

L’AICS–Comitato provinciale di Firenze-, nel contesto delle celebrazioni per il  cinquantennale della fondazione dell’Associazione, organizza  la 1° edizione del “Marzo AICS al femminile” che quest’anno ha come tema “ La donna nel mondo che cambia” con riferimento particolare alla Donna nell’ARTE, nella quale  ha saputo conquistarsi nel tempo un ruolo di protagonista, fondendo la sensibilità femminile, allo spirito di emancipazione che l’ha sempre animata con la forza delle idee.
L’8 Marzo alle ore 18 alla Casa della Creatività di Firenze, si inaugura l’apertura dell’evento che si protrarrà per tutto il mese con Incontri, Concerti ed una Mostra Collettiva. L’inaugurazione prevede l’intervista di Valentina Zorzon (storico dell’arte) a Giuliana Videtta (Direttrice dell’Accademia di Belle Arti) sul tema La Donna nell’arte: da musa ispiratrice ad artista; a seguire il concerto per pianoforte di Tapinassi e Cominassi dell’Istituto Superiore di Studi Musicali di Pavia. Il giorno 12 marzo, dopo  la proiezione del film “Art.1” dei registi toscani Davi, Trengia, Carcasci, seguirà un incontro su “La donna nel mondo che cambia: testimonianze a confronto” con rappresentanti femminili dell’imprenditoria, della cultura, delle Istituzioni, delle libere professioni, e dello Sport.  La giornata del 19 marzo sarà dedicata alle arti visive e prevede dopo un incontro-confronto su Arte e Conoscenza: due facce della stessa medaglia, il vernissage della Mostra di sedici giovani artiste che hanno sviluppato nelle loro opere “riflessioni al femminile”  confrontandosi a coppie su diverse tematiche. Dashti Golnar e Sabin Kamalbeik, Eleonora Nistri e Virginia Nistri, Emma Assisi e Paola Lopreiato, Miriam Poggiali e Valentina Zorzon, Ludovica Gambaro e Sara Biasin, Matilde Maddalena e Elisa Zadi, Marta Mandolini e Amy Vomiero, Silvia Sofia Barrios e Milixa Moron, esporranno loro opere che rimarranno per una settimana nella sala espositiva del Palazzo. L’evento si concluderà il giorno 27 marzo con un concerto di chiusura alle 21,30.

Oggi in edicola con Il Nuovo Corriere di Firenze n°79

14/03/12

Isabella Loqueforte -ABA Roma- intervista Elisa

Prima di tutto chi è Elisa Zadi? 
Elisa è una persona qualsiasi.
Cosa fa? 
Fondamentalmente cerca di capire la realtà che la circonda e lo fa con i mezzi a lei più congeniali. Elisa osserva, dipinge , scrive. Annota, appunta momenti, situazioni, cerca bellezza.
So che sei una giovane artista puoi raccontarmi la tua esperienza? Le difficoltà e non solo che incontri durante il tuo lavoro. 
Ho scelto una formazione artistica, prima all’Istituto d’Arte e poi all’Accademia di Belle Arti. Nonostante questo ho impiegato molto tempo ad accettare questo come un mestiere; in verità l’ho fatto solo quando mi sono resa conto che non potevo farne a meno. Credo che un’artista abbia delle grandi responsabilità. Vivere con questa consapevolezza fa dell’arte un vero e proprio mestiere. Il lavoro non è soltanto quello fatto nel proprio atelier ma è anche quello che si deve fare “all’esterno”, che sempre deve essere presente come coordinata, per un confronto o per una verifica continua.
Nell'anniversario dell'Arte Povera numerosi musei sono impegnati in allestimenti e cataloghi dedicati al movimento che rappresenta in questo momento l'Italia all'estero. Tu che ne pensi ?
Penso che sia giusto celebrare un movimento storico-artistico che abbia dettato una vera e propria rivoluzione sul modo di concepire e di fare arte.
Nell'era della street art, delle “house exibition” (ovvero mostre organizzate in luoghi privati o sul web). Come vedi il Futuro delle gallerie e dei musei?
Io non credo che street art e house exibition possano entrare in competizione con gallerie e/o con musei. La loro funzione, il loro scopo e il loro ruolo è fondamentalmente diverso. Probabilmente i “luoghi istituzionali” non possono avere la pretesa di rappresentare una parte dell’arte contemporanea, soprattutto quando la selezione degli artisti non è effettuata con un criterio che rispecchi veramente la realtà o la storia di una data società. Dall’altro canto realtà espressive come street art e house exibition che nascono come forme autonome e alternative, cioè che nascono spontaneamente da un’esigenza e un’urgenza di comunicare, non dovrebbero avere l’ambizione ad essere istituzionalizzate. Ecco io credo che il futuro di queste realtà sia dato a chi possa stabilirne un’autenticità nella scelta degli artisti.
Alla luce della situazione italiana nell'arte tu cosa cambieresti? Come vorresti svolgere il tuo lavoro?
Credo che siano tante le cose da cambiare. Per cambiare un sistema bisogna costruire delle fondamenta, la base della struttura sono la cultura, l’istruzione. Io ripartirei da qui.
Vorrei semplicemente che il lavoro intellettuale e manuale fosse riconosciuto come un’attività e che fosse visto dalla società come una risorsa e non come una cosa di difficile collocazione e posizionamento nel “sistema economico”.
Ho trovato un'intervista a Germano Celant e vorrei porre le sue domande a te. Oggi sono pochi i giovani che emergono. Sono cambiati i tempi o è un problema di carisma individuale?
I giovani artisti che emergono sono pochi perché sono pochi anche gli intellettuali, i critici e i curatori che riescono a valorizzarne e riconoscerne il lavoro. Per un’artista è difficile fare tutto da solo, così come è difficile per un critico pretendere che gli artisti si adattino al suo pensiero.
Forse prima c’era una diversa coscienza che portava ad una maggiore collaborazione; si lavorava per un’idea comune, perché si credeva in diversi valori. Insomma si era consapevoli di una responsabilità artistica-sociale.
La storia del nostro Paese è cambiata, e non di poco, da quegli ultimi battiti degli anni ‘60… Quale apporto può dare l’Arte Povera alla società contemporanea?
Credo che sia un bene che le cose cambino. Ed è anche un bene che grazie a questo periodo storico si possa oggi concepire l’arte in un respiro più ampio, sia dal punto di vista spaziale di un allestimento che concettuale.
Le mostre nel 2011 hanno ancora senso? Se dovessi proporre una forma alternativa alla mostra cosa proporresti?
Se un’artista smette di far vedere il proprio lavoro allora vuol dire che perde il senso della realtà. Allora io mi chi chiedo: che valore ha l’arte se non si confronta con quello che esiste e se l’artista non è chiamato ad esserne il testimone?
Mostra deriva da Mostrare, che vuol dire far vedere. Quindi io cercherei di creare una condizione di agio e benessere per una migliore fruibilità dell’opera. Il luogo e le opere devono integrarsi in armonia, penso a spazi urbani interni o esterni confortevoli e accoglienti.

07/03/12

CASE D'ARTE Associazione Culturale Artefice

Case d’Arte nasce dalla volontà di dare spazio a studi di giovani artisti entro 35 anni, che lavorano assiduamente in Firenze e provincia. L’associazione Culturale Artefice, con il sostegno del Premio Creatività in Azioni promosso dal Comune di Firenze, inizia a censire i luoghi dove giovani artisti operano, creando una sorta di mappatura sul territorio fiorentino. L’Associazione ha coinvolto anche 10 personalità del mondo artistico e culturale contemporaneo (Luigi Lombardi Vallauri, Giuliano da Empoli, Luigi Zangheri, Pietro Gaglianò, Fiammetta Strigoli, Cristina Giachi, Valentina Filice, Maria Giuliana Videtta), ognuna delle quali ha posto una domanda agli artisti partecipanti , invitandoli così alla riflessione e al confronto. L’elegante e tascabile pubblicazione che ha titolo “Case d’Arte” raccoglie le foto di 46 studi selezionati e alcune delle risposte alle personalità, proponendo una sorta di vademecum artististico del “non ufficiale” odierno fiorentino. Per maggiori informazioni e le risposte complete wwwcasedarte.wordpress.com

LUIGI LOMBARDI VALLAURI
1. L'Arte è qualcosa che punta all'emozione estetica, ma l'emozione estetica può essere un punto d'appoggio per un balzo a qualcosa di ulteriore? Sei in grado di descrivere l'ulteriore? 
Per “emozione estetica” intendo le sensazioni immediate che un’immagine è in grado di suscitare. Un’opera è tale perché si spinge oltre “la forma” estetica; o meglio la “bellezza” deve essere il veicolo che media, fra il senso dell’opera e lo spettatore. Quest’ultimo, guardandola, dovrebbe spingersi verso più profonde riflessioni, sia intellettuali, che psicologiche e sociali.
GIULIANO DA EMPOLI
2. L'arte non può forse cambiare il mondo, ma può almeno tentare di cambiare il modo di vedere il mondo. Come pensi che la tua ricerca artistica possa cambiare il modo di vedere la città?Qualsiasi artista in verità non fa altro che cercare di affinare il suo modo di vedere le cose per andare incontro alla realtà che gli appartiene, cerca di esserne il confidente, di interpretarla. Non so se il mio modo di vedere le cose possa cambiare il modo degli altri di vedere la città, ma di sicuro apre ad una nuova possibilità espressiva.
PIERO FERRUCCI
3. Pensando a una delle tue opere, come descriveresti la sua nascita e il suo sviluppo nel tuo mondo interiore?
Pensando ad un mio quadro mi viene subito in mente l’ultimo autoritratto. Questo tipo di ricerca, fa parte del mio lavoro sin dall’inizio del mio percorso artistico ed è per me inevitabile. Il bisogno di “guardarmi allo specchio” nasce dall’esigenza di verificare continuamente me stessa, per autenticarne non solo l’esistenza, ma per indagare anche uno stato emotivo specifico. Potrei dire che solo attraverso questo tipo di osservazione e di esperienza mi rendo consapevole di me stessa e di un’interiorità che ha bisogno di essere esplorata continuamente.

LUIGI ZANGHERI
4. Ritenete utile (o inutile) nell'attuale scenario del sistema dell'arte un atteggiamento "morale" in rapporto al proprio operare?
Non credo che “l’atteggiamento morale” sia un atteggiamento adatto a nessuna forma di arte. Purtroppo ne vengono fatte delle “questioni” quando non si capisce quello che si vede. Credo che l’arte, per essere tale, debba spingere l’osservatore a porsi delle domande o a vedere soluzioni diverse di una data cosa.

PIETRO GAGLIANO’
5. Una riflessione sugli studi d'artista impone l'interrogativo sulla distanza che l'artista pone, o elude, tra sé e il mondo e su quanto sia giustificabile oggi il lavoro di un artista che (seguendo un modello romantico e bohemien) ritenga di poter lavorare senza guardare oltre i confini del proprio spazio protetto. L'attualità (su scala locale e globale) che peso ha nel processo creativo? Quanto un artista dovrebbe avvertire il dovere di sollevare le questioni del disagio sociale, del dissesto ecologico, dell'emergenza geopolitica?
Non credo che avere uno spazio dove lavorare significhi non guardare al di fuori di esso. Credo che un luogo, che possa fungere da piattaforma, sia necessario a favorire qualsiasi processo artistico. Credo che dipingere oggi non significhi necessariamente abbracciare un’ideale romantico; la pittura è un mezzo di espressione come un altro (non conta il “cosa”, ma il “come” e il “perché”). Credo che un’artista abbia grandi responsabilità e ne sia sempre consapevole; non si possono scindere queste cose. Un’artista è sempre critico nei confronti di se stesso e di quello che lo circonda. L’artista è sempre il testimone del tempo in cui vive, ma non ci si può aspettare da lui la risoluzione dei problemi.

FIAMMETTA STRIGOLI
6. Televisione, pubblicità, personal computer, internet concorrono a caratterizzare l’individuo di questo nostro tempo come homo videns, un fruitore di immagini esposto ad esperienze visive che sono il risultato della ricerca tecnica prima, tecnologica poi, e che hanno talvolta fornito “materiali” al fare arte, incidendo sul profilo dell’artista contemporaneo per l’opportunità di amplificare la propria traiettoria operativa, contaminando e ibridando i linguaggi espressivi.
Salto in positivo di creatività comunicativa capace di cambiare nel tempo il significato di artista più vicino al profilo dell’artista rinascimentale o anti-arte che nega la “vera” creatività a partire dalla presa di distanza dal concetto di manualità, insito nei generi classici come il disegno, la pittura e la scultura?
Il fare artistico è stato in ogni periodo storico influenzato dalle scienze, dalla politica…e di volta in volta gli artisti si sono trovati a mettere in discussione il proprio fare, la propria tecnica e a confrontarsi con ciò che li circondava in quel momento. Anche oggi è lo stesso. Non credo che la nascita di nuove forme di espressione e le contaminazioni siano negative. Certamente la realtà fiorentina ha ereditato la sua particolare tradizione e credo che ognuno sia chiamato a questo confronto.

CRISTINA GIACHI
7. Ti senti parte di un movimento artistico fiorentino? Esiste una sinergia tra i giovani artisti? Esistono
luoghi di discussione-confronto? Si lavora pensando alla città o il lavoro è rivolto ad un pubblico
esterno?
Non so se si può parlare di “movimento” in senso storico, ma qualcosa sta fermentando. A Firenze conosco molte persone capaci, che lavorano seriamente per far sì che il proprio fare artistico possa diventare un mestiere. Il problema maggiore è come relazionarsi con le istituzioni.

VALENTINA FILICE
8. Reputi che quello dell’artista possa essere ritenuto un mestiere pari agli altri? Se d’accordo, in che termini potrebbe regolarizzarsi all’interno del circuito economico e produttivo nazionale?
Dal punto di vista pratico penso all’arte come un mestiere. In passato non mancano gli esempi in cui l’artista ha avuto ruoli specifici all’interno di una società, inserito in un circuito economico e culturale; oggi questo si è perso e dimenticato. Perché?

MARIA GIULIANA VIDETTA
9. Qual è la vostra domanda? Più precisamente, l'opera d'arte/l'attività artistica risponde alla domanda che l'artista si è posto e che attraverso l'opera rimanda al fruitore?
Un’opera d’arte risponde sempre ad una domanda; bisogna vedere se la domanda che l’artista si pone è giusta, o meglio consona a quello che si aspetta il fruitore.

ASSOCIAZIONE ARTEFICE
10. L’idea del progetto Case d’Arte nasce dall’intuizione di poter mettere in relazione varie realtà di creativi presenti in città per poter così ampliare una rete di lavoro e quindi creare anche maggiori occasioni di visibilità. Quali azioni potrebbero portare un contributo positivo alla scena culturale fiorentina?
Credo e spero che questa idea, possa essere la prima di una serie di iniziative che potranno idealmente inserirsi nel tessuto cittadino in maniera costante e stabile. Credo che la realtà artistica sia molto più variegata e ricca di quella che vediamo “in vetrina” nelle gallerie. Ogni artista dovrebbe sentire la responsabilità del proprio fare nei confronti del luogo dove si trova; dovrebbe anche avere la consapevolezza che i primi decenni di un nuovo secolo saranno determinanti per quello che segue.


27/02/12

SUPERBA è LA NOTTE


La cosa più superba é la notte
quando cadono gli ultimi spaventi
e l'anima si getta all'avventura.
Lui tace nel tuo grembo
come riassorbito dal sangue
che finalmente si colora di Dio
e tu preghi che taccia per sempre
per non sentirlo come un rigoglio fisso
fin dentro le pareti.



Il disordine materiale testimoniato negli  ambienti vissuti dalla Merini, non si riscontra nei testi da lei scritti. Questa è ancora una volta la testimonianza di una personalità contraddittoria ed eccentrica?
Ho cercato di rievocare la presenza di Alda Merini immaginando, anche secondo fonti e testimonianze, alcuni oggetti che ad essa potevano essere appartenuti.
Ho portato tanti oggetti in Galleria, svariate cose che ho disposto su un piano che sembrava pronto ad accoglierle. Ho installato degli oggetti in modo che potessero ricostruire un interno, la sua abitazione, il suo tavolo: questa installazione è rimasta in Galleria due settimane, il tempo del l’esecuzione del dipinto ed è stata smontata ieri.
Uno specchio con dei numeri scritti, appunti e libri sparsi, piccole boccette di acqua di rose e medicinali, rossetti, un grande posacenere con una sigaretta pronta ad essere fumata.. Ogni oggetto porta con sé un significato e si relaziona con il suo vicino nello spazio delimitato di un piano. La minaccia delle forbici aperte, delle lettere forse ricevute, forse mai spedite, la bottiglia di coca cola, bevanda che la poetessa amava tanto, una scarpa abbandonata (in un’intervista la Merini racconta che alcune persone venivano curate facendole camminare a piedi nudi; il contatto con la terra restituiva loro l’originale equilibrio perduto); un filo rosso: colore di vita e di morte, comune in tutte queste composizioni pittoriche, che rappresenta il filo della vita che si spezza fra una tela e l’altra così come si “spezza” Alda nei suoi dolori, nel suo cammino,  ma che prosegue nonostante tutto a compiere il proprio destino.



 Superba è la notte, 2012, olio su tela cm 70x120.

29/03/11

Matilde Puleo intervista Elisa

D: Ciò che m’interessa del tuo lavoro è il continuo riferimento alla realtà delle cose nell’ambito di una tecnica ad olio che però in alcuni casi ha grandi gesti sapientemente controllati. Ci parli delle tue scelte visive?

R: Per me il riferimento continuo alla realtà è inevitabile. L’unico modo che ho per comprendere ciò che mi circonda è attraverso l’osservazione. Guardare le cose significa avere la possibilità di far parte di ciò che guardo, condividerlo e capire quella realtà.
Credo che se si esclude la realtà come senso si annulla l’uomo come significato. Credo che l’uomo, senza dubbio l’Artista, abbia la” missione “ di comprendere se stesso e la realtà che lo circonda; in questo senso le opere realizzate sono il frutto di questa ricerca. L’artista ha una grande responsabilità, vivere per lui è un vero mestiere.
L’utilizzo dei colori ad olio è per me la cosa più naturale, la più adatta. Dopo aver provato la tempera all’uovo bellissima per la sua lucentezza, ho scoperto veramente cos’è la materia solo con l’olio. Adoro la consistenza, la densità, l’intensità, l’elasticità e anche l’odore che questa materia conferisce al pigmento. Con il colore ad olio posso spaziare da vari spessori a diverse durezze fino alle trasparenze.
Preparo io i colori mesticando i pigmenti; a volte raccolgo delle terre in giro per il territorio. Le ultime le ho raccolte in un campo a Colle Val d’Elsa… Uso molto le terre. Non potrei fare a meno di quella di Cipro, la sua gamma cromatica è vastissima, dal bruno intenso all’ocra-arancio.
Ogni “spatolata” che metto è una cosa a sé, una sensazione. In ogni gesto c’è l’intenzione di mettere il senso di quella cosa, di quella forma, di quel dato colore (penso alla luce più chiara che taglia lo zigomo di una faccia). Cerco di non mescolare i colori nel quadro in modo che ogni gesto possa essere distinto dall’altro, ogni cosa deve rimanere pura di per sé. Ogni colore è un gesto e un segno compiuto, separato dall’altro. Come in una musica; ad una nota ne segue un’altra, ognuna è distinta di per sé, ma  nell’insieme formano una sinfonia. Voglio che tutto sulla tela sia chiaro e leggibile come una grafia. L’insieme dei tocchi sulla tela, dei gesti, crea l’immagine così come la percepisco nel momento. Per me è molto importante il momento in cui eseguo il lavoro. Per questo spesso eseguo lo stesso soggetto in momenti e/o giorni diversi. Ogni momento è a sé, come le “spatolate”. Ogni cosa è unica nel momento in cui è vissuta e ripeterla significa viverla di nuovo, quindi, in un nuovo lavoro.
Ho bisogno continuamente della realtà, di guardarla, di vederla. E’ l’unica cosa di cui mi fido e di cui posso fidarmi; quello che vedo, esiste.



D: Quali sono stati i tuoi inizi e i tuoi punti di riferimento?

R: L’inizio è stato faticoso, è stata una scelta sofferta. Diciamo che ho accettato questo mestiere quando mi sono resa conto che non potevo farne a meno.
Ricordo bene quando ho lasciato la facoltà di Lettere per l’Accademia. Per me “cervello e mano” devono andare di pari passo…voglio dire che in questa facoltà mi mancava la parte pratica, cosa con cui avevo preso dimestichezza alle superiori frequentando l’Istituto d’Arte; questo fare, teorico-pratico, mi aveva dato un senso di completezza intellettuale ed equilibrio.
Così gli inizi all’Accademia di Belle Arti di Firenze… ogni mattina mi recavo da Arezzo a Firenze. Alle 9 in punto ero nell’aula di pittura pronta ad “affrontare la cosa”. Ogni mattina alle 9:15 ero in piazza S.Marco sconfitta e di ritorno a casa… è andata così per un anno. Non riuscivo a lavorare in presenza degli altri, mi sentivo “scoperta” e incapace di tracciare un segno libero sulla carta. Così ho cominciato a lavorare da sola in uno studio ricavato nella taverna di casa. La mia prima serie di autoritratti è stata molto importante per stabilire una sfera intimistica che da lì in poi mi è stata sempre necessaria. Con uno di questi lavori ho partecipato e vinto il Premio Villa d’Adda.
L’anno successivo per non ripetermi ho provato a “cambiare aria”; prima a Siviglia alla Facultàd des Bellas Artes, poi a Berlino nello Kunsthochschule Berlin-Weissensee. Le cose non andarono meglio. Tornata a Firenze non avevo scelta: dovevo “affrontare la cosa”. Dopo aver parlato con il Prof. Bimbi mio maestro di pittura all’Accademia, mi trasferii con il suo consenso (perché così facendo avrei perso l’anno) in un edificio  abbandonato nel Mugello a dipingere con altri pittori.
Questo luogo mi ha dato l’opportunità di provare me stessa nei confronti della pittura, in maniera totale e libera. E’ stata una scelta estrema tanto che mi sono stabilita in quel luogo per 6 mesi, fino all’arrivo dell’inverno. Avevo una tenda da campeggio montata all’interno di un ex seccatoio di tabacco infestato, fatiscente, senza acqua calda, ma non importava. Ricordo quest’esperienza che risale a 7 anni fa, come ad una sorta di “età dell’oro”. Ogni giorno il mio unico pensiero era dipingere. Avevo una sorta di febbre da lavoro, uno stato inquieto e produttivo che mi possedeva. Credo di aver eseguito tre quadri al giorno per quasi tutta la mia permanenza alla Tabaccaia: praticamente ho fatto il ritratto a tutte le persone che abitavano il paese vicino, Cavallina.
Mi ricordo che ad estate matura, io e altri “colleghi”, abbiamo montato un gazebo sulle rive del lago di Bilancino, allestendo un vero prototipo di atelier en plain air. Molte persone del paese a fine giornata si recavano al lago per un bagno… e dopo potevano sedersi a farsi un ritratto sotto il gazebo.
Ma prima del gazebo al lago e in piazza a Barberino, in mio vero amico e complice è stato Carlo, il barbiere di Cavallina. Carlo è un uomo dolcissimo con cui sono entrata subito in sintonia. Spesso per pranzo mi sono recata a casa sua, dove la famiglia mi ha accolto come un nuovo membro. Sua figlia Laura ha un volto bellissimo, le avrò fatto almeno 10 ritratti! Ma la cosa più simpatica di me e Carlo era che ogni mattino mi recavo nella sua barberia con le nécessaire per dipingere. Così ogni cliente che entrava per farsi barba e capelli, si faceva anche il ritratto! Nella sua barberia c’era una luce bellissima che filtrava dalla tendina fatta di pietruzze azzurre e verdi… la mia postazione era subito accanto all’ingresso… Ho conosciuto tante belle persone in quel paese… Bruno il fattore, Ivo Guasti il poeta… tutte persone con le quali ho stretto un rapporto di amicizia che dura ancora oggi.
Grazie a tutte queste persone sono riuscita a fare tanti ritratti e a capire tante cose. Per la mostra che ci fu subito dopo questa esperienza dal titolo “Gente e luoghi del Mugello” esposi 50  di quei ritratti.


D: Nei tuoi lavori c’è un continuo processo di autoconoscenza che tu porti avanti tramite una ricerca sull’autoritratto. Vorrei che tu ci parlassi di questa scelta, anche perché, in genere, nella tua produzione non mancano i ritratti fatti ad altre persone. Come ma soprattutto cosa cerchi nei visi altrui?

R: Si è vero, uso spesso l’autoritratto per prendere coscienza-conoscenza di me in quel momento, o meglio in quello status mentis. Ho bisogno di guardarmi per capire come le cose modificano il mio aspetto. In ogni autoritratto c’è il tentativo di vedere quali tracce ha lasciato in me una cosa successa, o come il vissuto del quotidiano segna la mia figura; un giorno vissuto diventa motivo di riflessione e di osservazione. Per me è una sorta di preghiera che stabilisce la misura di cui ho bisogno per vedere le cose, per poterle contemplare.
Quando guardo il mio volto o quello degli altri, cerco sempre di identificare dei segni. Ogni cosa è scritta sulla nostra faccia, si tratta di imparare a decifrarla.
Per me la persona da ritrarre è molto importante; quando faccio il ritratto ad una persona, penso infatti che siamo in due a lavorare. L’altro è l’alterità. Entro in una sorta di comunione con l’altro che porta ad una comprensione più profonda anche di me stessa e, di conseguenza, ad una diversa coscienza delle cose. In poche parole posso conoscere meglio me stessa attraverso la misura di chi ho difronte, o meglio senza l’altro non potrei conoscermi. L’altro e la realtà mi danno una misura indispensabile per capire le cose. Senza la pittura come tramite non potrei capire niente di questo. Devo molto alla pittura.
Per questa serie di motivi per me è indispensabile lavorare dal vero. La presenza della persona diventa parte del vissuto, diventa quella precisa esperienza. Se mi privo di vivere quest’esperienza si affaccia la retorica di una data idea, e questo è pericoloso. Il simbolo diventa segno e le idee si fanno stereotipo. Ovvero si dà per scontato l’idea di una cosa senza guardarla in quel momento, nuovamente.


D: Hai al tuo attivo una serie di mostre interessanti, ci racconti quella che ti ha dato di più in termini umani e professionali?

R:Per me è stata molto importante la conoscenza del M° Sergio Vacchi sul quale ho fatto la tesi di Laurea all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Ricordo la prima volta che giunsi al Castello… Vacchi ha un’aurea mistica, regale e misteriosa, inquieta e dolcissima. Mi venne incontro accogliendomi con una stretta di mano. Aveva una lunga tunica medievale verde scuro e un grosso anello con inciso il sigillo del castello. Mi disse: -Lei sta firmando la sua condanna a morte, lo sa!? Perché il mio modo di dipingere è stato condannato a morte dal Sistema…fare pittura oggi è pericoloso, siamo gli unici a portare la Verità e nessuno vuole fare i conti con queste cose…- . Per un anno ogni settimana mi sono recata al Castello di Grotti nel senese dove lui abita. Abbiamo veramente parlato molto. Attraverso di lui e i suoi racconti di vita su Morandi, De Chirico… ho potuto capire e ricostruire  mezzo secolo di storia dell’arte italiana. Capire Bacon, Kafka,… Devo molto a lui e alla moglie Marilena.
Dopo la tesi la Fondazione, che porta il suo nome, ha ospitato una mostra Curata da Enrico Crispolti dal titolo “L’arto Fantasma”. Credo che sia stata la mostra più interessante dal punto di vista professionale e umano. Sergio e Marilena sono due persone sorprendenti con le quali ho stabilito un forte legame.


D: Hai fatto una ricerca eccellente, dal carattere aperto e generoso sugli operatori sanitari dell’ospedale di Careggi di Firenze. A mio avviso, oltre a farti onore, la tua scelta ti avrà dato molto da molti punti di vista. Ci racconti tutto per filo e per segno?

R: Si è stata un’esperienza molto importante e formativa, mi ha messo alla prova da più punti di vista. Devo ringraziare il Dott. Enzo Morettini e il Prof. Adriano Bimbi senza i quali non sarebbe stata possibile la cosa. L’idea era quella di allestire all’interno del reparto di chirurgia generale dell’Ospedale di Careggi una mostra. Un lavoro fatto per quel luogo, con i ritratti delle persone che lavorano e abitano quei luoghi. I Dottori, gli Infermieri e gli O.S. hanno collaborato posando per il proprio ritratto. E’ cominciata così la storia al San Luca di Careggi. Dopo aver ricevuto una lista con i turni e i nominativi delle persone che lavoravano nel reparto, mi sono recata il quel luogo per 4 mesi una volta la settimana. Presto ho capito che il momento migliore, perché più tranquillo, era l’ultimo cambio di turno, quello dalle 20 fino alle 8. Uno dei primi ad essere stati ritratti è proprio il Dott. Morettini; quel giorno indossava una camicia a strisce azzurre e un golf rosso.
Come si può immaginare in Ospedale ci sono giornate in cui senti l’aria densa delle cose successe, altre volte senti invece il fluire di una vitalità positiva. Fra gli infermieri c’è una grande complicità e condivisione delle cose. A volte mi sono fermata a mangiare con loro e allora questa cosa si sente forte, è bella. Dopo circa un’ora dall’inizio del turno di notte, dopo aver “fatto il giro” tutti si riuniscono nella sala infermieri. “Il giro” sarebbe il controllo dei ricoverati prima della notte, a volte ho fatto “il giro” anche io…
Dopo “il giro” tutti si ritrovano nella sala infermieri. Il momento del pasto diventa come una sacra condivisione delle cose, di tutte le cose. E’ come una “festa” in cui ognuno porta il suo contributo; chi cucina, chi apparecchia, chi racconta delle storie o la giornata trascorsa…un momento magico. Ecco io mi sono inserita spesso in questi momenti.
Ho incontrato tante persone simpatiche. Ho un diario che annota tutto. Ho messo la foto di ogni persona il suo ruolo all’interno del reparto e sotto ho descritto il tipo di atteggiamento che ha avuto nei miei confronti. Alcuni si vergognavano di farsi guardare, qualcuno si è sistemato prima allo specchio, altri ancora incuriositi dalla cosa mi hanno fatto tante domande.
Dal punto di vista professionale posso dire che questo lavoro è stata una palestra per la memoria visiva. Ovviamente non potevo portare nel reparto tutto il materiale per dipingere. Mi sono attenuta a formati ridotti con telaio 35x30 cm che portavo già preparati in una valigetta; poi con la terra di Cipro e pennelli eseguivo il disegno del volto dal vero cercando di separare le zone di colore con i segni. Subito dopo portavo i ritratti  nel mio atelier dove potevo liberamente impastare i colori e completare il lavoro.
Ai più curiosi ho spedito una foto del lavoro via mail dopo l’esecuzione…molti l’hanno utilizzata come identificativo del proprio profilo su internet.

D: Di cosa ti stai occupando attualmente: ci racconti i tuoi progetti per il futuro?

R: Attualmente mi sto occupando di più cose… Una di queste è che sto cercando di mettere in relazione il volto delle persone con alcuni oggetti che gli appartengono e che egli sceglie come più rappresentativi. Invito la persona a posare per un ritratto e gli chiedo, per quell’occasione, di portare anche degli oggetti. Queste cose vengono disposte in piccole “scatole” appese al muro, come ex-voto. Prima eseguo il ritratto della persona poi, in un’altra tela delle stesse dimensioni, dipingo questi oggetti. Ho iniziato a lavorare sulle “scatole” 2 anni fa. Queste prime “scatole” erano delle vere stanze costruite, che poi ho allestito-arredato con vari oggetti e dipinto: ognuna di queste ambientazioni racconta una storia specifica, il titolo di ogni quadro è “La conseguenza delle cose”; potete vedere alcuni di questi lavori su wwww.flickr.com/photos/zadielisa/
Per concludere vorrei lanciare un invito, un appello. Cerco persone disposte a posare e/o promuovere la mia ricerca sul ritratto. Ogni individuo interessato può posare personalmente e/o coinvolgere luoghi di lavoro, enti o istituzioni disposte a collaborare prestando “volti” di chi abita determinati spazi. Potete trovare i miei contatti su il mio sito www.zadielisa.it oppure su www.zadielisa.blogspot.com