“BLU
GUADO” di ELISA ZADI
Dopo il lungo e impegnativo periodo di ricerca per la realizzazione dell'opera, l'artista ha felicemente accolto l'invito a presentare questa sua creazione nel corso della giornata inserita all’interno dell’evento “T-essere in fiore” in collaborazione con l’associazione Art Terapy Italiana, con il patrocinio del Comune di Firenze e in collaborazione con Quartiere 1 e Quartiere 2.
A monte dell'opera di Elisa Zadi c'è un approfondito studio filologico (oltre che estetico) sul pigmento del guado, impiegato nella tecnica di coloritura della tonalità blu nelle stoffe fino al Cinquecento, e di tutte le altre fasi realizzative.
installazione
interattiva ispirata alla “Madonna del parto”
capolavoro
universale di Piero della Francesca
Dopo il lungo e impegnativo periodo di ricerca per la realizzazione dell'opera, l'artista ha felicemente accolto l'invito a presentare questa sua creazione nel corso della giornata inserita all’interno dell’evento “T-essere in fiore” in collaborazione con l’associazione Art Terapy Italiana, con il patrocinio del Comune di Firenze e in collaborazione con Quartiere 1 e Quartiere 2.
Il giorno 3
febbraio 2020 dalle ore 17:00 in poi, Elisa Zadi sarà ospite presso Toscanalab
Arte e Arteterapia in via San Zanobi 104/r a Firenze, per presentare al
pubblico il lavoro che precede e i significati delll’installazione interattiva
“Blu Guado”. Nel corso dell’incontro un rituale performativo propiziatorio sarà
l’iniziazione del progetto e darà vita al laboratorio partecipato.
A monte dell'opera di Elisa Zadi c'è un approfondito studio filologico (oltre che estetico) sul pigmento del guado, impiegato nella tecnica di coloritura della tonalità blu nelle stoffe fino al Cinquecento, e di tutte le altre fasi realizzative.
L'avventura per la creazione di quella che significativamente è intitolata
“Blu Guado”, opera installativo-performativa appartenente a un genere che sta
sempre più interessando e coinvolgendo Elisa Zadi nel suo percorso artistico,
nasce dallo storico e suggestivo fatto che Piero della Francesca apparteneva ad
una famiglia di tintori di stoffe: è verosimile che il maestro rinascimentale
abbia utilizzato gli stessi pigmenti per la preparazione di alcuni colori per
la pittura. All’epoca l’azzurro era ricavato dalla pianta di guado, molto
preziosa per l’attenta lavorazione che necessitava, e che ancora oggi si
mantiene come rarità per pochi appassionati. La particolarità della tintura al
guado, rispetto alle altre piante, è che la colorazione del tessuto non avviene
durante la bollitura ma gradualmente e rapidamente con la sua stesura all’aria:
questa metamorfosi affascinante è stata per l'artista una scoperta magica,
simbolica tanto da desiderare di condividerla con un pubblico. Il modello
dell'abito appositamente creato per “Blu Guado”, tratto dal celebre affresco di
Monterchi, è stato riadattato alle effettive proporzioni fisiche dell'artista,
che ha preso di riferimento il proprio corpo anche per la realizzazione del
manichino, mediante calco diretto in gesso, con un deciso e motivato senso
d'immedesimazione. Tra l'altro, l’azzurro prodotto dal pigmento blu guado,
scelto per la colorazione dell’abito-scultura, corrisponde proprio alla
tonalità dell’abito della Madonna di Piero, qui interpretato tridimensionalmente
e installato sull'apposito manichino.
“Blu Guado” si compone di tre elementi: una grande tenda (che riprende un altro elemento fondamentale nell'iconografia pierfrancescana), l'abito-scultura contenuto in essa (dipinto e cucito riprendendo fedelmente il modello dell’affresco) e una tinozza per l'antica tecnica della tintura al guado. La performance inizia con il bagno di colore di una grande pezza: l'artista si posizionerà in ginocchio di fronte al pubblico, immergendo semi e pigmento di guado e iniziando a pronunciare frasi significative. Una volta fatto riemergere dall’acqua, il tessuto viene immediatamente appeso a un filo posto davanti alla tenda. Mentre il naturale miracolo dell’ossidazione inizia a far prendere la definitiva colorazione al tessuto, l'artista, collocatasi dietro di esso, con delle grandi forbici divide a metà la pezza, e dopo averne fissato le estremità apre anche la tenda, in modo da creare due simboliche aperture consecutive. Un susseguirsi di nuove gestualità e frasi dal sapore rituale inviteranno gli spettatori a compiere il passaggio e a entrare nella tenda. I partecipanti passeranno uno alla volta nella tenda e troveranno, al centro di essa, l’abito-scultura illuminato dal suo interno. Un taglio fisico e simbolico, anticipato dalla stoffa tagliata in precedenza, si riverbera nuovamente nell’abito diviso e aperto verticalmente all'altezza del ventre. A questo punto ogni spettatore coglierà dalla “luce” di questo ventre “i semi” (di guado o di calicantus) custoditi al suo interno, li prenderà e li porterà con sé fuori dalla tenda, diventando così responsabile della nascita di future piante.
Così scrive nella presentazione Marco Palamidessi:“Nel rendere omaggio al genio di Piero della Francesca, la nuova opera di Elisa Zadi, rappresentando in sé un inno alla fertilità nel senso più aulico e ampio, che va dalla procreazione alla genesi artistica, celebra un tema di fondamentale importanza, quello cioè dell'atto supremo, il gesto dei gesti che è appunto il nascere, il generare, il creare in tutti i suoi modi possibili, ma soprattutto artisticamente, cioè con la mente e con le mani. Vengono al mondo l'uomo, l'idea, il concetto universale, le opere i sentimenti e le cose. Gli artisti, quelli veri intendo, per mezzo della loro espressione, riescono a rinnovare ogni giorno la Creazione, sanno far sentire vivo un mondo, il nostro, che non è stato fatto in un solo istante, ma ogni volta che vi è sopraggiunto un artista degno di questo nome. Un'installazione, “Blu Guado”, che vuole ricordarci che creare è forse la maniera più alta di sentirsi vivi: si crea per essere ricreati continuamente da ciò che si fa, per mettere al mondo quei figli chiamati opere e dei quali gli artisti stessi sono figli a loro volta. Un modo, per chi vuole, di sentirsi più vicini all'universo, per coloro che non vogliono chiamarlo Dio. Ad ogni persona che vorrà intraprendere quest'avventura e condividerla prima di tutto con l'artista, il delicato compito di raccogliere il seme direttamente dal ventre che lo genera, per portarlo in un luogo, non importa se fisico o mentale, dove diventerà frutto e nuova vita. Come “levatrici”, andremo a cogliere il seme là dove questo germoglia, confrontandoci con un’opera che, attraverso la sua profonda ritualità, ci investe della responsabilità di essere portatori di luce, custodi del seme primordiale, protettori della vita che genera continuamente se stessa. E chi custodisce il seme della creazione è a sua volta egli stesso artista-creatore. “Blu Guado”, in fondo, è un'opera che ci ricorda che ogni giorno è un modo di venire al mondo, che ci fa cogliere l'idea che il nostro grembo, come la nostra mente, deve sempre essere fecondo, di luce, di semi, di vita”.
“Blu Guado” si compone di tre elementi: una grande tenda (che riprende un altro elemento fondamentale nell'iconografia pierfrancescana), l'abito-scultura contenuto in essa (dipinto e cucito riprendendo fedelmente il modello dell’affresco) e una tinozza per l'antica tecnica della tintura al guado. La performance inizia con il bagno di colore di una grande pezza: l'artista si posizionerà in ginocchio di fronte al pubblico, immergendo semi e pigmento di guado e iniziando a pronunciare frasi significative. Una volta fatto riemergere dall’acqua, il tessuto viene immediatamente appeso a un filo posto davanti alla tenda. Mentre il naturale miracolo dell’ossidazione inizia a far prendere la definitiva colorazione al tessuto, l'artista, collocatasi dietro di esso, con delle grandi forbici divide a metà la pezza, e dopo averne fissato le estremità apre anche la tenda, in modo da creare due simboliche aperture consecutive. Un susseguirsi di nuove gestualità e frasi dal sapore rituale inviteranno gli spettatori a compiere il passaggio e a entrare nella tenda. I partecipanti passeranno uno alla volta nella tenda e troveranno, al centro di essa, l’abito-scultura illuminato dal suo interno. Un taglio fisico e simbolico, anticipato dalla stoffa tagliata in precedenza, si riverbera nuovamente nell’abito diviso e aperto verticalmente all'altezza del ventre. A questo punto ogni spettatore coglierà dalla “luce” di questo ventre “i semi” (di guado o di calicantus) custoditi al suo interno, li prenderà e li porterà con sé fuori dalla tenda, diventando così responsabile della nascita di future piante.
Così scrive nella presentazione Marco Palamidessi:“Nel rendere omaggio al genio di Piero della Francesca, la nuova opera di Elisa Zadi, rappresentando in sé un inno alla fertilità nel senso più aulico e ampio, che va dalla procreazione alla genesi artistica, celebra un tema di fondamentale importanza, quello cioè dell'atto supremo, il gesto dei gesti che è appunto il nascere, il generare, il creare in tutti i suoi modi possibili, ma soprattutto artisticamente, cioè con la mente e con le mani. Vengono al mondo l'uomo, l'idea, il concetto universale, le opere i sentimenti e le cose. Gli artisti, quelli veri intendo, per mezzo della loro espressione, riescono a rinnovare ogni giorno la Creazione, sanno far sentire vivo un mondo, il nostro, che non è stato fatto in un solo istante, ma ogni volta che vi è sopraggiunto un artista degno di questo nome. Un'installazione, “Blu Guado”, che vuole ricordarci che creare è forse la maniera più alta di sentirsi vivi: si crea per essere ricreati continuamente da ciò che si fa, per mettere al mondo quei figli chiamati opere e dei quali gli artisti stessi sono figli a loro volta. Un modo, per chi vuole, di sentirsi più vicini all'universo, per coloro che non vogliono chiamarlo Dio. Ad ogni persona che vorrà intraprendere quest'avventura e condividerla prima di tutto con l'artista, il delicato compito di raccogliere il seme direttamente dal ventre che lo genera, per portarlo in un luogo, non importa se fisico o mentale, dove diventerà frutto e nuova vita. Come “levatrici”, andremo a cogliere il seme là dove questo germoglia, confrontandoci con un’opera che, attraverso la sua profonda ritualità, ci investe della responsabilità di essere portatori di luce, custodi del seme primordiale, protettori della vita che genera continuamente se stessa. E chi custodisce il seme della creazione è a sua volta egli stesso artista-creatore. “Blu Guado”, in fondo, è un'opera che ci ricorda che ogni giorno è un modo di venire al mondo, che ci fa cogliere l'idea che il nostro grembo, come la nostra mente, deve sempre essere fecondo, di luce, di semi, di vita”.
BIOGRAFIA:
La ricerca artistica di Elisa Zadi esplora
diverse discipline fra cui la pittura, l'installazione e la performance. Queste
vengono spesso unite al fine di generare opere interattive o che si completano
con la partecipazione dello spettatore. Il suo percorso si sviluppa
indagando principalmente l'essere umano sia in senso introspettivo che
antropologico e simbolico-rituale.
Elisa Zadi
esordisce nel 2005 con una serie di autoritratti che si riveleranno indagine
introspettiva a lei necessaria e che permarrà come uno dei temi centrali della
sua ricerca. Dal 2008 il suo interesse si concentra sulla figura umana,
soprattutto femminile, indagata con una cruda e introspettiva frontalità: questo
origina dei lavori pittorici che si esprimono in polittici; i soggetti si
compongono in una narrazione ritmata e concettuale, che si intensifica nel
2013/14 con delle serie pittorico-installative di grande formato, che
ricostruiscono attraverso la frammentarietà della tela uno spaccato di
esistenzialità quotidiana. Dal 2015 la figura umana diventa simulacro della sua
essenza attraverso opere-vestiti che rivelano una continua ricerca di materie e
materiali, in cui il margine della pittura estende i propri confini
abbracciando varie discipline dando vita a installazioni interattive e
performative.
Fra le
principali partecipazioni si ricorda Cara Enfanta presso il Centro per L’arte
Contemporanea Pecci di Prato, BAU tredici al GAMC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea
di Viareggio, VITAMINE tavolette energetiche presso il MART Museo d’Arte
Moderna e Contemporanea di Rovereto e il Museo NOVECENTO di Firenze; fra i
numerosi Premi si ricorda la selezione Premio Combat 2015, la Residenza Terra
Madre, Il Premio Limen 2014 e il Premio Casorati nel 2008.
Elisa Zadi è
nata ad Arezzo. Nel 1996 si diploma come Maestro d’Arte e nel 1998 ottiene con
il massimo dei voti la Maturità d’Arte Applica in Moda e Costume Teatrale
presso l’Istituto Statale d’Arte Piero della Francesca di Arezzo. Nel 2007 si
diploma con lode in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze; dal
2007 al 2009 lavora nella stessa cattedra come “Assistente Tecnico di
Laboratorio”. Nel 2009 si abilita all’insegnamento delle Discipline Pittoriche
tenendo attualmente la cattedra presso il Liceo Artistico Porta Romana di
Firenze. Nel 2010 ottiene con lode il Master di II° livello in “Architettura e
Arti Sacre” presso l’Università Europea di Roma. Dal 2013 viene segnalata fra
gli artisti emergenti nel Catalogo dell’Arte Moderna edito da Mondadori. Dal
2018 collabora con l’Università UEL di Firenze. Attualmente vive e lavora a
Firenze.
T -Essere in fiore
Dal
tessuto personale a quello collettivo
Progetto di Beatrice Bartolozzi
artista e Sara Freschi arte terapeuta a cura di Toscana Lab Arte e Arte
Terapia.
Il
progetto è stato pensato per festeggiare il centenario della nascita dell’artista
sarda Maria Lai, ma nasce da una profonda esigenza, l’urgenza di legarsi,
relazionarsi, fare rete con lo scopo di creare momenti di aggregazione e
scambio a partire da iniziative culturali sul territorio.
Il
progetto prende come riferimento l’opera “Legarsi alla Montagna” una delle
azioni partecipate realizzate da Maria Lai a Ulassai, suo paese natale, nel
1981, in questa occasione lavorando sul
territorio, sulle tradizioni popolari e le leggende, rese partecipe gli
abitanti del paese per realizzare la prima operazione di arte relazionale in
Italia.
“L’arte dovrebbe farci sentire più uniti”
diceva Maria Lai; in un contesto contemporaneo in cui è sempre più difficile
creare legami, le sue parole sono rivelatrici: l’arte relazionale ha
l’obiettivo di cercare connessioni tra le persone e l’artista, in questo caso, si mette a
“servizio della comunità”.
L’arte collettiva così diventa motore sociale di legami, scambio,
possibile trasformazione avvicinandosi in questa modalità all’arteterapia che
vede nella partecipazione estetica alla creazione di opere il più alto
potenziale di comunicazione tra gruppo o individuo e la parte artista del
terapeuta.
La collaborazione tra Beatrice Bartolozzi e Sara Freschi ideatrici
del progetto e figure che accompagneranno i partecipanti nel percorso, permetterà
lo sviluppo di un opera collettiva dove l’aspetto artistico incontrerà il
processo trasformativo del materiale e di chi lo utilizza.
Mentre l’artista saprà trasmettere ai partecipanti la poesia
nascosta dietro alle storie, ai colori e al materiale, l’arteterapeuta
accoglierà con le sue capacità osservative il processo creativo e lo scambio
relazionale tra la materia e il suo fruitore, sarà pronto a sostenere e a
proporre possibilità utili per conciliare il pensiero e il fare dei
partecipanti.
Il
progetto avrà uno sviluppo territoriale, l’intento è di creare un filo
conduttore tra due zone di Firenze, San Gallo e Le Cure, seguendo un antico
tragitto del Mugnone riguardante il secolo XII, in cui dalla zona delle Cure raggiungeva
Via San Gallo e andava a tuffarsi in Arno a livello di Piazza Goldoni. L’itinerario
avrà come punto di partenza la zona di Via San Zanobi in cui ha sede
l’associazione Toscana Lab Arte e Arteterapia, e coinvolgerà anche via
Santa Reparata, Via delle Ruote. Il
torrente Mugnone evoca ricordi e storie, era l’acqua con cui le donne amavano
lavarsi il viso, perché migliore rispetto a quella dell’Arno, le curandaie vi
lavavano i panni e Boccaccio vi ambientò la novella di Calandrino.
Il
progetto prevede, quindi, un lavoro di ricerca sul territorio, mirato al
recupero delle memorie storiche relative a leggende, letteratura, usi, costumi,
lavori e aneddoti personali del passato che sarà messo in relazione con il
presente. L’obiettivo è di creare un’opera collettiva, con e per il quartiere,
un’operazione d’arte relazionale che si muove su più livelli avendo come
struttura di base il confrontarsi e aggregarsi intorno ad un lavoro comune,
come succedeva nelle campagne con l’andare a veglia.
Lo
scopo è il ricreare una mappatura storica e affettiva del territorio, la sede
di Toscana Lab Arte e Arteterapia, situata in via San Zanobi, diventerà
un laboratorio aperto per una serie di incontri, all’incirca 10, in cui invitare
artisti, associazioni o altre realtà che contribuiranno con le loro esperienze
pratiche, ma anche attraverso i loro racconti, alla realizzazione dell’opera
collettiva.
La
tecnica di realizzazione rimarrà nell’ambito dell’arte tessile, come
riferimento all’arte di Maria Lai, il filo del racconto, il filo con cui
operare sarà creato da abiti di recupero messi in condivisione dai
partecipanti, che, grazie a una particolare tecnica saranno ridotti a un filo
con cui modellare una nuova opera. Il
lavoro collettivo sarà restituito alla comunità con un evento finale in cui i
manufatti realizzati saranno installati nel quartiere, lungo un percorso
prefissato, per creare una nuova mappa che arricchirà quella storica del
percorso del Mugnone di legami e percorsi affettivi.
Nel
quartiere sulle case ci sono vari simboli, gli Angiolini, la ruota, i denti, i
simboli della Compagnia dei Battilani, ognuno rappresenta una storia o
l’appartenenza a un credo o a un ente. Con la complicità della gente che abita
o lavora nella zona, l’opera collettiva, costituita da una serie di piccoli cenci
istoriati rappresentanti il simbolo esplicativo il tema del progetto, sarà
esposta alle finestre, sulle porte delle botteghe.
Queste
opere segneranno il tracciato della nuova mappa lungo la quale il giorno
dell’evento finale potranno essere realizzate passeggiate performative ed
esplicative del lavoro svolto. L’installazione potrà rimanere esposta per un
certo periodo di tempo a ricordare l’esperienza, a suscitare nuove curiosità e
nuovi legami. Il periodo potrebbe coincidere con le festività relative a San
Zanobi nel mese di Maggio.
Modalità e tempistiche
Creeremo un ciclo
di incontri, circa 2 al mese, in
cui si alterneranno racconti orali e lavoro pratico e verrà proposta la
realizzazione di un’opera collettiva, ospitando le esperienze di associazioni,
artisti ed esperti che aderiranno al nostro progetto.
Dove
Toscana Lab, Arteterapia via San Zanobi, Firenze
Quando
Da Gennaio 2020 a Maggio/Giugno 2020
Per chi
Tutti, adulti, famiglie con bambini, ragazzi,
studenti, artisti, realtà associative
Tematiche
Partendo dalla realtà di Toscana Lab, Arte
Terapia, dalla Leggenda del miracolo di San Zanobi, dal tema dell’acqua,
delle curandaie e dal lavoro di Maria Lai, un tema individuabile è quello della
cura, del rifiorire (essere in fiore), del bello come concetto salvifico
e dell’arte (collettiva) capace di processi rigenerativi.
https://www.tempoliberotoscana.it/event/blu-guado-di-elisa-zadi/
https://www.wikieventi.it/firenze/512317/tessere-fiore-laboratorio-partecipato-con-elisa-zadi/
http://www.lavocedilucca.it/post_esp.asp?id=76835&arg=73
https://www.spotlimeapp.com/firenze/T-Essere+in+fiore+-Toscanalab.-228044991
http://www.toscanalab.arteearteterapia.org/2019/11/26/tessere-in-fiore-dal-tessuto-personale-a-quello-collettivo/
https://www.tempoliberotoscana.it/event/blu-guado-di-elisa-zadi/
https://www.wikieventi.it/firenze/512317/tessere-fiore-laboratorio-partecipato-con-elisa-zadi/
http://www.lavocedilucca.it/post_esp.asp?id=76835&arg=73
https://www.spotlimeapp.com/firenze/T-Essere+in+fiore+-Toscanalab.-228044991
http://www.toscanalab.arteearteterapia.org/2019/11/26/tessere-in-fiore-dal-tessuto-personale-a-quello-collettivo/
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