Come spesso amiamo fare noi di Esserciweb, anche questa settimana
siamo andati alla ricerca di una personalità promettente, scovandola nel
mondo dell’arte. Si tratta della giovanissima pittrice Elisa Zadi, un
talento dell’arte o per meglio dirla in maniera poetica “astro nascente e
già luminosissimo sull’orizzonte dell’arte italiana contemporanea”,
come la definisce Marco Palamidessi, il giovane critico d’arte lucchese
al quale va l’onore di averla portata sotto i riflettori. Quel che si
nota dai suoi dipinti è una ripetizione del soggetto che potrebbe
sembrare – in apparenza – ossessione. In realtà, dietro vi si nasconde
una necessità profonda che usa l’arte per “cercare se stessa, per
capirsi, per conoscersi, per perdersi nel riflesso di uno sguardo o
ritrovarsi nell’intensità di un’emozione scandita dal ripetersi rituale
del vissuto quotidiano. Per indagarsi nella luce come nell’ombra, nel
mistero della sua psiche”, come osserva ancora lo stesso Palamidessi. La
Zadi spiazza anche per la sua sconvolgente umiltà e umanità che
immediatamente traspare fin dalle prime chiacchiere…
Non dipingo sulla tela ma con la tela. Elisa Zadi
Quando non potevo più
farne a meno.
Quali
sono stati i tuoi maestri?
Ce ne sono stati e ce ne sono tanti, di
storicizzati e di contemporanei; è normale per me confrontarmi continuamente
con tutto quello che stimola la mia immaginazione, con la bellezza delle cose,
che cerco ovunque. Per Maestri non intendo solo pittori e scultori, ma anche poeti,
letterati, fotografi, registi, sono loro che accompagnano costantemente la mia
ricerca e sono un forte stimolo intellettuale. Non guardo ai Maestri nel senso
di cercare in loro una mimesi iconografica, ma più che altro cerco un
coinvolgimento emotivo; è la sensazione che certe opere suscitano in me a
muovere una reazione creativa. Difficile spiegare come ad esempio le fotografie
di K. Blossfeldt sulle piante ispirino l’aria di alcune mie figure femminili,
probabilmente è l’intento comune di analizzare sin nei particolari le cose per
carpirne l’essenza, è quella statuaria intenzione di congelare ed elevare il
soggetto preso come protagonista. Tengo a dire che questi stimoli non sono dati
solo dai Maestri ma possono essere anche le semplici cose che avvengono per
strada, i dialoghi con le persone, le cose che accadono nella quotidianità,
ogni cosa può rivelarsi motivo di riflessione e confronto da portare nelle mie
opere.
Molte
delle tue opere ritraggono volti che hanno alla base il tuo. Questa scelta è un
cercare te stessa?
Sicuramente c’è una proiezione da parte
mia nelle cose che osservo prima di dipingerle. Più che altro ho bisogno di
fare questo per capire quello che ho davanti, per interiorizzarle; questo
percorso di introiezione ha sicuramente dei lasciti e nel momento in cui restituisco
quello che ho osservato come forma pittorica, ci sono delle tracce di me che
rimangono. Quando dipingo un volto, se non ho dei riferimenti ben precisi, come
una persona da ritrarre o dei modelli che posano, le figure prendono le mie
fattezze, la mia fisionomia, semplicemente perché il mio è il volto che più di
ogni altro vedo e conosco e alla fine, le mie sembianze vengono prese dal
soggetto del quadro che vado dipingendo. Periodicamente invece, ho bisogno di
mettermi allo specchio, cercando la mia somiglianza che non è mai soltanto
quella esteriore: ho bisogno di vedere cosa ho dentro per cercare di tirar
fuori quello stato emotivo attraverso la pratica pittorica. Questo procedimento
diventa per me un vero e proprio rituale che pratico sin dall’inizio del mio
percorso; è così che ho cominciato, partendo semplicemente da quello che avevo,
me stessa. Ogni mio autoritratto è rivolto a portare alla luce lo stato d'animo
di un preciso momento. La fisicità corporea è solo il contenitore del
contenuto. Io cerco di vedere dentro la forma e attraverso la forma lasciarmi
suggerire delle pulsioni che da fuori mi portano all’interno del sensibile, nel
viaggio che vado facendo chiamato Pittura. Non si può prescindere dalla
fisicità delle cose! Così come non si può escludere il mistero e l'invisibile
che c'è dentro ogni forma, del limite dell’inafferrabilità e della mutevolezza,
motivo di ricerca del mestiere-pittura, per questo continuo e instancabile,
come i miei ritratti-autoritratti.
Quanto
del nostro stato d’animo può essere ritratto in un dipinto?
Può essere
rappresentato tanto e allo stesso tempo mai abbastanza; ad esempio in un
ritratto dal vero dipende da quanto il pittore e il modello sono disposti a
lasciare che l’uno entri dentro l’altro, nell’intimità del sentire intendo. Attraverso
la faccia noi vediamo tutto quello che c'è da vedere di una persona - la
patognomica insegna molto a riguardo - tuttavia non sempre è facile essere il tramite
di questo sentire. Un'opera diventa tale quando chi la esegue ha la capacità di
annientarsi in quello che sente e, in questo caso, il ritrattato deve fare lo
stesso. In qualche modo dobbiamo essere in due a volere la stessa cosa, come
quando si fa l’amore. Quando è così la cosa può funzionare, e ci si può
avvicinare molto a tradurre il sentire di quel momento attraverso le forme per
creare un ritratto.
Che
cosa puoi dirci di Ascendenze, la
mostra che esporrai fino al 15 ottobre presso la Galleria Nespolo – Studio
D’Arte 102 di Alessandria?
Come ogni mostra personale, questa
esposizione porta con sé l’importanza di focalizzare un preciso periodo del mio
lavoro. La mostra vuole
riflettere sulla situazione dell’attesa, vista come momento metafisico di un
Qualcosa che sta per succedere. Questo Qualcosa è la riflessione, la
proiezione, il divenire della crescita nella creazione artistica. Per questo ringrazio la famiglia
Nespolo che mi ha dato l’opportunità di questa riflessione, oltre che l’onore
di allestire alcune mie recenti opere nella sala accanto alla permanente di Ugo
Nespolo.
La
Toscana è la tua terra. Una terra incantevole. Ti ha mai ispirato in qualche
modo nei tuoi lavori o ti è mai stata di aiuto? O piuttosto di ostacolo?
La natura mi ispira continuamente, ne
raccolgo e ne registro le sensazioni che poi traduco nelle mie opere anche se
poi non eseguo direttamente una pittura di paesaggio ma riporto queste emozioni
in altre forme. A volte ho fatto anche delle esperienze dirette sul paesaggio,
dove mi sono recata con la mia auto-atelier in varie zone dell'aretino, del
senese e soprattutto del Mugello per eseguire studi dal vero. Trovo che i
colori del paesaggio circostante, in cui sono nata e dove vivo, condizionino
fortemente i colori che uso per dipingere e penso che questo sia normale, una
sorta di patrimonio genetico, le mie radici. In modo particolare la mia gamma
cromatica è da sempre ricca di variazioni sulle terre. La stessa terra che
spesso raccolgo nelle zone che visito e poi tratto per trasformarla in pigmento
per i miei colori. Mi sento fortemente legata alla terra, stabile, forte, madre
e donna ed è infatti con essa che plasmo le figure femminili dei miei quadri.
Quali
progetti all'orizzonte?
Attualmente sto
lavorando alla prossima mostra “INTROSPEZIONI: percorsi nella pittura” che inaugurerà l’8 novembre prossimo nella
Sala del Basolato in piazza Mino a Fiesole. In questa occasione proporrò un numero considerevole di opere
di recente produzione; le figure femminili e gli oggetti quotidiani si
alterneranno sospesi in uno spazio-assenza dai riverberi metafisici. Nell’occasione
della mostra fiesolana verrà presentato un mio catalogo monografico e,
sempre a novembre, sarò presente, fra gli emergenti, nel Catalogo dell'Arte
Moderna (CAM) n°49 edito dalla Mondadori.
Le foto di Elisa Zadi sono state scattate da Marco Palamidessi.
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