18/09/16

Elisa Zadi e i Patriarchi nel Parco di Pratolino

 I PATRIARCHI NEL PARCO
"Dall'arbore di grossissima querza"
23-24-25 Settembre 2016
La meraviglia degli alberi secolari, opere d'arte viventi, testimoni della storia e cultura, simboli sacri e misteriosi.

Il Parco Mediceo di Pratolino e la Città Metropolitana di Firenze ospitano un convegno della durata di tre giorni dedicato agli alberi monumentali. Questo ha la finalità di diffondere presso il più vasto pubblico la conoscenza del loro valore naturalistico, paesaggistico e storico, nonchè artistico, insieme alle fragilità e difficoltà tecniche nella manutenzione degli stessi, necessaria per preservare questo inestimabile patrimonio. All'interno di questo evento l'artista Elisa Zadi è stata invitata a partecipare realizzando delle opere dedicate agli alberi. Venerdì 23 settembre sarà inaugurata l'opera "Grembo" e domenica 25 settembre sarà aperta al pubblico l'opera performativa "Psyche-Gohei".
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Venerdì 23 Settembre 2016 ore 13:15
Prato delle Scuderie
Inaugurazione dell'opera "Grembo" 
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"Grembo" è un’opera scultorea di Elisa Zadi, un intervento su un tronco secolare di quercia deceduta per calamità naturale, che l’artista ha voluto restituire a nuova vita e conservare vicino al luogo dove l’albero è vissuto. La coscienza di un rapporto egualitario tra la volontà artistica e la Natura in se stessa è all’origine di quest'ultimo impegnativo lavoro. La scultura si presenta come una grande cavità che può accogliere gli spettatori, proteggerli al suo interno e trasmettere loro il senso dell'Infinito e della maternità della Natura.
"Grembo" è un'opera dove la mano della Natura e quella di Elisa Zadi s'incontrano e si allacciano per diventare una sola cosa, un'entità armonicamente compiuta. Un grande corpo di legno che si è lasciato levigare dalle mani dell'artista, così come nel tempo avrebbe fatto il Tempo, primo scultore, che dà forma sempre nuova e diversa a tutte le cose; mani che sono andate oltre, assorbendo la natura e facendosene assorbire di rimando; mani che ancor più hanno incentrato il loro fare e la propria poetica sullo scambio identificativo con la natura, intesa come materiale dinamico, tangibile, da toccare con forza, da solcare con un disegno essenziale e possente, da ricondurre ai primordi e generare come opera d'arte. Un tronco completamente cavo, che solo in apparenza è cosa immota ed esanime, ma che trova alimento, diversamente da quando era albero intero, direttamente al suo interno: infatti, la luce non proviene più soltanto da fuori, ma dall'oro che è la nuova pelle di dentro. Un tronco d'albero che non è più vivo per cause naturali, ma che adesso vuole continuare ad esistere come presenza nel luogo dove è sempre vissuto,  che vuole continuare a essere, e che tramite il gesto di Elisa risorge a nuova vita, alla vita eterna dell'Arte. La Natura, il bosco ha inventato il componente, donando la materia prima; l'Artista ha levigato la sua superficie, dentro e fuori, rispettandone i movimenti interiori e le usure fino alla forma finale. Un lavoro che ha preparato la forma per accogliere l'oro, da sempre elemento allusivo, che rimanda a una realtà superiore, a qualcosa di sacro, atemporale, distante, irraggiungibile, da contemplare nella sua magnificenza. L'oro, materia simbolicamente immateriale, ponte fra la terra e il cielo, non è un pigmento terrestre, ma una foglia dove l'invisibile si rivela per mezzo della sua visibilità; una foglia che è viva luce, e la luce è il primo nutrimento del mondo, l'essenza cui tutta la Natura si protende e rende grazie. Una foglia, applicata una dopo l'altra, semplice e preziosissima, e le foglie sono anche il pensiero degli alberi. L'oro, questa lamina distesa con materna cura, penetra, invade il tronco rivestendone il suo vuoto; il dentro è lo spazio dell'oro e dell'anima, della memoria e dell'abbandono. Un luogo, una terra di mezzo, da dove corre una linea blu oltremare, che fuoriesce come un fiume in piena, che sfocia in un disegno di labirinto dello stesso colore, un labirinto fatto di acqua e di cielo, a celebrare il battesimo celeste di chi avrà il coraggio di perdersi per ritrovarsi. La sintesi del disegno del labirinto, che riprende la simbologia iniziatica, è lo stesso di Chartres. D'ora in poi, da questo Grembo filtrerà l'Infinito, essendosi spalancata una dimensione nuova che è quella dello spazio assoluto. Un'opera dove la terra incontra il cielo, un grembo dove nel vento che soffierà passerà tutto il respiro del cielo; un Grembo dove si sente pulsare tutta la sacralità della Natura, dove è possibile trovare, oltre le apparenze visibili, il profondo segreto dello spirito. Grembo è custode di un mistero che invece di farsi carne e sangue, diviene spirito e simbolo, parola e vuoto, alito e sguardo; questo è l'incavo, il nido, la culla dove iniziano le cose, dove tutto è possibile ancor prima di venire al mondo; dove le cose gioiscono all'incontro con la luce che illumina, e trepidano dinnanzi al bagliore che acceca. La luce concorre alla nascita dell'opera: per mezzo di essa, l'Infinito si muove come un flusso continuo, come una corrente che ci trasporta perennemente da un mondo a un altro. Nel ventre dell'albero sta l'onnipotenza della Natura, come nel grembo di una madre sta la bellezza delle creature. Il Grembo è la casa, è l'abbraccio, è la placenta che avvolge, che contiene un fluido grande come un oceano. Chiunque vorrà, potrà entrare nel Grembo, varcare la soglia di una dimensione altra, immergendosi in questa luce liquida e sospesa, per sentirsi una creatura protetta e libera, ascoltando la memoria del tempo prenatale, camminando come per tornare al ventre della madre, al centro della terra. Entrare nella cavità sarà come tornare in quello spazio dorato, in quel mare amniotico testimone del nostro sviluppo, del nostro incontro, tenero e violento, con la vita. Quel tronco non semplicemente vuoto, ma che contiene un vuoto che si prepara ad accogliere l'Infinito, conterrà anche noi, nell'attesa di partecipare al passaggio dell'Infinito. Lì, al centro del Grembo, avverrà il rito di passaggio, l'Infinito che ci attraversa mentre noi, immersi in quello spazio, siamo imbevuti di pura luce, con lo spirito che si contrae e si espande nell'universo. Un contatto primigenio che accoglie chiunque voglia accomodarsi dentro questo spazio, come per tornare alla condizione iniziale, iniziatica e primitiva, del proprio essere. Non vedere, ma abitare il Grembo, viverlo nuovamente, stavolta consapevoli di essere in un luogo che simbolicamente richiama il sacro tempio naturale dove inizia la vita. Dove, qui e ora, inizia la nostra rinascita.



Domenica 25 Settembre 2016 ore 17:00
Pratone del Parco
Apertura al pubblico  performance "Psyche-Gohei"
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La nota artista Elisa Zadi presenta “Psyche-Gohei”, una performance che si terrà domenica prossima 25 settembre nel Pratone del Parco di Pratolino. Il progetto dell'artista intende far riflettere i partecipanti su due tematiche a lei particolarmente care: l'introspezione psicologica e la sacralità dell'albero. Psyche, oltre che anima, era il nome che nel periodo rinascimentale individuava lo specchio posto nella stanza privata; i gohei, invece, sono delle decorazioni cartacee che in Giappone vengono messe ad omaggiare gli alberi-kami, alberi centenari e quindi sacri. Come da tradizione orientale, l'opera si presenta come una corda-circonferenza da installare al tronco dell'albero prescelto; questa si compone, ad intervalli ritmati, da piccoli autoritratti su tela eseguiti allo specchio, specchi-psyche che riflettono la luce ed i volti dei partecipanti alla performance, e dai gohei contenenti messaggi dedicati. Scrive Marco Palamidessi, curatore dell'evento:“In questa nuova azione performativa di Elisa Zadi, concettualmente penetrante, gli elementi vengono simbolicamente e fattualmente ad incontrarsi e a convivere, pur appartenenti a due culture e filosofie lontane nel tempo e nello spazio, come quella greco-occidentale e quella nipponico-orientale. L'artista riesce con semplicità ad unirli in un'opera che vuole essere universale, superando ogni differenza culturale e geografica, ricordandoci di essere accomunati come esseri viventi e pertanto composti dei medesimi elementi. Chiamato ad avvicinarsi, l'osservatore entrerà in contatto non soltanto con gli autoritratti, frutti figurativi derivati dall'indagine pittorico-introspettiva che molto ha contribuito a definire la personalità di Elisa Zadi nel panorama contemporaneo, ma avrà modo di confrontarsi con se stesso. Fondamentale è lo spazio naturale dove l'esperienza avverrà, uno dei luoghi sacri ed animati per eccellenza: il bosco. Si dice che se non vai mai nei boschi, se non sai abbandonarti alla Natura con libertà e coraggio, nulla in verità potrà succedere, mai e la vita non avrà un vero e proprio inizio. Lo stesso si può dire per l'Arte in sè, che è il modo più alto e intenso per conoscere noi stessi”.