14/03/12

Isabella Loqueforte -ABA Roma- intervista Elisa

Prima di tutto chi è Elisa Zadi? 
Elisa è una persona qualsiasi.
Cosa fa? 
Fondamentalmente cerca di capire la realtà che la circonda e lo fa con i mezzi a lei più congeniali. Elisa osserva, dipinge , scrive. Annota, appunta momenti, situazioni, cerca bellezza.
So che sei una giovane artista puoi raccontarmi la tua esperienza? Le difficoltà e non solo che incontri durante il tuo lavoro. 
Ho scelto una formazione artistica, prima all’Istituto d’Arte e poi all’Accademia di Belle Arti. Nonostante questo ho impiegato molto tempo ad accettare questo come un mestiere; in verità l’ho fatto solo quando mi sono resa conto che non potevo farne a meno. Credo che un’artista abbia delle grandi responsabilità. Vivere con questa consapevolezza fa dell’arte un vero e proprio mestiere. Il lavoro non è soltanto quello fatto nel proprio atelier ma è anche quello che si deve fare “all’esterno”, che sempre deve essere presente come coordinata, per un confronto o per una verifica continua.
Nell'anniversario dell'Arte Povera numerosi musei sono impegnati in allestimenti e cataloghi dedicati al movimento che rappresenta in questo momento l'Italia all'estero. Tu che ne pensi ?
Penso che sia giusto celebrare un movimento storico-artistico che abbia dettato una vera e propria rivoluzione sul modo di concepire e di fare arte.
Nell'era della street art, delle “house exibition” (ovvero mostre organizzate in luoghi privati o sul web). Come vedi il Futuro delle gallerie e dei musei?
Io non credo che street art e house exibition possano entrare in competizione con gallerie e/o con musei. La loro funzione, il loro scopo e il loro ruolo è fondamentalmente diverso. Probabilmente i “luoghi istituzionali” non possono avere la pretesa di rappresentare una parte dell’arte contemporanea, soprattutto quando la selezione degli artisti non è effettuata con un criterio che rispecchi veramente la realtà o la storia di una data società. Dall’altro canto realtà espressive come street art e house exibition che nascono come forme autonome e alternative, cioè che nascono spontaneamente da un’esigenza e un’urgenza di comunicare, non dovrebbero avere l’ambizione ad essere istituzionalizzate. Ecco io credo che il futuro di queste realtà sia dato a chi possa stabilirne un’autenticità nella scelta degli artisti.
Alla luce della situazione italiana nell'arte tu cosa cambieresti? Come vorresti svolgere il tuo lavoro?
Credo che siano tante le cose da cambiare. Per cambiare un sistema bisogna costruire delle fondamenta, la base della struttura sono la cultura, l’istruzione. Io ripartirei da qui.
Vorrei semplicemente che il lavoro intellettuale e manuale fosse riconosciuto come un’attività e che fosse visto dalla società come una risorsa e non come una cosa di difficile collocazione e posizionamento nel “sistema economico”.
Ho trovato un'intervista a Germano Celant e vorrei porre le sue domande a te. Oggi sono pochi i giovani che emergono. Sono cambiati i tempi o è un problema di carisma individuale?
I giovani artisti che emergono sono pochi perché sono pochi anche gli intellettuali, i critici e i curatori che riescono a valorizzarne e riconoscerne il lavoro. Per un’artista è difficile fare tutto da solo, così come è difficile per un critico pretendere che gli artisti si adattino al suo pensiero.
Forse prima c’era una diversa coscienza che portava ad una maggiore collaborazione; si lavorava per un’idea comune, perché si credeva in diversi valori. Insomma si era consapevoli di una responsabilità artistica-sociale.
La storia del nostro Paese è cambiata, e non di poco, da quegli ultimi battiti degli anni ‘60… Quale apporto può dare l’Arte Povera alla società contemporanea?
Credo che sia un bene che le cose cambino. Ed è anche un bene che grazie a questo periodo storico si possa oggi concepire l’arte in un respiro più ampio, sia dal punto di vista spaziale di un allestimento che concettuale.
Le mostre nel 2011 hanno ancora senso? Se dovessi proporre una forma alternativa alla mostra cosa proporresti?
Se un’artista smette di far vedere il proprio lavoro allora vuol dire che perde il senso della realtà. Allora io mi chi chiedo: che valore ha l’arte se non si confronta con quello che esiste e se l’artista non è chiamato ad esserne il testimone?
Mostra deriva da Mostrare, che vuol dire far vedere. Quindi io cercherei di creare una condizione di agio e benessere per una migliore fruibilità dell’opera. Il luogo e le opere devono integrarsi in armonia, penso a spazi urbani interni o esterni confortevoli e accoglienti.

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